299

Decimo dono: pregare il sacrificale.
*) Che sei nei cieli: non uno, ma due.
E quale il primo? Increato, eterno, infinito: talamo eternale.
Vi arrivo seguendo le somiglianze del talamo metamorfosale.
Vi è atto puro: sacrificazione per la sua espropriazione
e cessione in forma personale di Figlio per una
comunione. Vi è il piccolo eternale e tendenziale. Di qui la
sua fuoriuscita reitante. Due cieli: eternale ed ecclesiale:
si va solo al secondo.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Gesù vi si accosta pregandolo e domanda a noi
di fare altrettanto. Quando pregate, dite: Padre nostro.
Appellativo carico assai: ci ha detto: la paternità sua, la
figlialità mia, la fraternità nostra, e l’ecclesialità di tutta
l’umanità. A noi occorreva la collocazione del Padre, e
Gesù ce l’ha fornita. L’ha collocato non nel ‘cielo spaziale’,
dove non ve lo si può trovare, ma in cielo ove tutti
andremo ad abitare: il ‘cielo ecclesiale’.
È un cielo al quale affluirà tutta l’umanità aspirata da quella
unità sostanziale che il Padre ha realizzato con tutta
l’umanità. Un cielo popolarissimo, ma sicuramente lontano
ancora dalla sua saturità. Vi abita tutta una Chiesa
angelicale che dell’amore Paterno non ne ha fatto sua
appropriazione egoisticale.
Vi abita già tutta la Chiesa umanale che lasciata la forma
corporea ha conseguito la forma immaginale. È la Chiesa
dell’attesa: i Santi. È la Chiesa della purgazione. È la
Chiesa dell’incubo infernale. La identificazione del cielo
e la collocazione del Padre nostro possono dirsi bene riuscite.
(Il più vicino è metamorfosi del più lontano) Ci sembrava
sufficiente la identificazione del cielo e la collocazione
del Padre nel cielo ecclesiale. Ma ci accorgiamo
subito che la collocazione è parziale. Infatti Gesù non
parla di un cielo, ma di ‘cieli’: Padre nostro che sei nei
cieli. (Non più uno solo) Almeno due. L’uno l’avevo trovato;
il secondo andava cercato. Ma come trovarlo un altro
cielo dal quale nessuno di noi è uscito e nel quale nessuno
potrà entrare? Solo il visuato Paterno me l’ha potuto
mostrare. Ecco il secondo:
1) Un cielo lontanissimo da noi.
a) Un cielo che è fuori dal creato: increato.
b) Un cielo che è fuori del tempo: eterno.
c) Un cielo che è fuori dallo spazio: infinito. Quel cielo
lo chiamo anche talamo eternale.
2) Vi sono arrivato risalendo dal cielo ecclesiale con l’aiuto
delle sue somiglianze col talamo eternale. Chi c’è?
Nel talamo eternale c’è il Padre in atto puro, non mescolato
ad alcuna potenza. Non mi fu facile descriverlo come
è: occorrevano termini capaci di tradurre l’atto puro. Il
Padre vi è espropriazione, eternale cessione: questo atto
puro è la sua eternale sacrificazione.
Fecondissima è personificazione Agentata di Figlio e vi è
comunione trinitaria. Raccogliamo tutto in un solo termine:
è piccolazione eternale del Padre che è il Piccolo eternale.
Fosse statica quella piccolazione eternale, il cielo
eternale non si sarebbe mai aperto; mentre, essa è decisamente
tendenziale verso un piccolare che possa toccare
una morte eternale. Lassù la sua piccolazione non ammette
alcuna morizione. Il Figlio non sarà mai egoisticazione
della sacrificazione. Il piccolo tendenziale opera nel Padre
la sua fuori uscita metamorfosale. Esce in trasformazione,
pur rimanendo nella sua esternazione. Dal cielo eternale
scende a quello temporale. In quel cielo la sua metamorfosi
Paterna: si potenzializza nella sua vita e si fa espropriabile
e cedibile, vivibile al sacrificale.
Da quel cielo la sua creazione, la sua ecclesiazione prima
angelica e poi umanale. Il Padre non si mentisce mai: è
sempre il Piccolo eternale, metamorfosale perché è sempre
amore sacrificale. Impossibile entrare nel cielo eternale;
chiamati tutti a entrare nel metamorfosale nel quale
solo entra chi fa il piccolo.

Nessun commento:

Posta un commento