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Decimo dono: la preghiera del dire sacrificale disponente
al fare.
L’unità morale della Chiesa Figliale volge al tramonto. In
aurora appare una nuova unità sostanziale. Il visuato
Paterno mi fa visualizzato il Figlio. Si porta a livello
Paterno con una concezione battesimale cosciente. Ora
può essere col Padre anche in morte eterna. Gli scoppia
la gola sacrificale eternale. Eterna separazione: calice
amarissimo che domanda sia allontanato.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del dire
egoisticale ed ecco uscir fuori la preghiera del fare sacrificale.
Il sacrificale che mi do al piacerale, che mi danno i fratelli
sacrificatori, che mi dà il corpo mio. Gesù al suo sacrificale
fisico si accosta con la triplicata preghiera del dire sacrificale.
In essa domanda l’allontanamento di un calice.
Quale calice? Non certo il calice del sacrificale fisico: né lo
teme né lo fugge. Quale calice? Col suo sacrificale fisico
consegue una metamorfosi di spirito che lo rende irradiabile
e ecclesiabile. Alla sua prima Chiesa dà una unità puramente
morale mediante la parola, la fede, i comandi positivi
e negativi. Unità che si va sfilacciando. È dei giorni nostri
lo sfideamento, la smoralizzazione. Prima il calice ecclesiale
di amarezza morale.
Ora la feccia che accoglie dal Padre con devoto silenzioso
amore sacrificale. È proprio il Padre che gli porge da bere
una feccia amarissima. In che modo? Gesù ecclesiato è la
vite vera, noi i tralci, il Padre suo il vignaiolo. La Chiesa
Figliale infatti giace nella Paterna. La Figliale dovrebbe
dare frutti sacrificali, la Paterna egoisticali. Quando questi
ultimi hanno il sopravvento, il Padre recide quel tralcio; dissecca
e va al fuoco eterno.
Quel taglio fa scoppiare nel Figlio un grido di supplica:
lascia venire anche me insieme con te e col tralcio mio!
(L’unità morale è scindibile) La risposta Paterna pone il
Figlio in devota accettazione. (Desolata: si sente abbandonato)
(Calice: la negazione del sacrificale eternale col
Padre) Non teme, non fugge. È a questo punto che si va profilando
la natura vera di quel calice che domanda sia allontanato.
Ora tutto è pronto per la sua identificazione: la
Chiesa dalla unità morale volge al tramonto, e già compare
in aurora la Chiesa dalla unità sostanziale.
Come mi ha fatto arrivare? Illuminato da luce Pneumatica
mi sono trovato specchiato: mi sono fatto visuato, letturato
e alla fine gridato: ‘Di disgrazia sono pieno’.
La mia disgrazia è: il battesimo cresimato Paterno incosciente
che Satana mi ha infernalizzato, in malattia collocato
e alla morte avviato. Questo visuato Paterno mi fa visua-
lizzato il Figlio disposto a unirsi a Lui non più moralmente,
ma sostanzialmente. A me spalancato si cede espropriato,
dal suo Agente mi si fa concepire, da vivere mi si è dato
pronto a subire la morte dell’amore del Padre suo.
Così negli anni della mia maturità il Figlio mi si è piazzato
a livello del Padre: battesimo cresimato Figliale a livello del
battesimo cresimato Paterno. Ora il tralcio inserito nella vite
con una concezione battesimale potrà ancora essere resecato?
Sembra di no! Se dunque il Padre andrà con la sua creatura
all’eterna morte dell’amore, anche il Figlio potrà andare
e il Padre non glielo potrà negare. Come mai nel Figlio
una simile tensione a non lasciare il Padre da solo nella eterna
morte dell’amore? Il Figlio è comunione trinitaria: fa
Trinità col Padre e con lo Pneuma.
Una comunione non accidentale che possa rompersi e
lasciare indifferenti, ma una comunione sostanziale. La
metamorfosi Paterna scinde la Trinità in Padre Agentato e
Figlio Agentato. A quella scissione il Figlio va in tensione
fortissima: venire in carne umana per ricomporre mediante
la sua Chiesa l’unità col Padre e con lo Pneuma. Punta a salvare
il Padre nell’uomo per ricongiungersi a Lui, ma se non
gli è possibile il Figlio anela a fare unione con Lui nella
morte eterna dell’amore. Vorrà il Padre risparmiare al Figlio
il calice amarissimo della eterna separazione? Ecco cosa è
scoppiato nel Figlio in preghiera del dire sacrificale: gli è
scoppiata la gola sacrificale, gola di unione nella stessa
morte eternale; che Figlio meraviglioso è questo Gesù di
Nazareth! Quell’eccesso di gola sacrificale rientra e si spegne
nell’atto in cui il Padre pone il Figlio nei suoi limiti:
questo è il calice ecclesiale di amarezza sostanziale che il
Figlio è chiamato a bere: non può passare senza che Lui lo
beva. Correzione, quindi, da fare: tre passi avanti.

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