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Decimo dono: la preghiera del dire sacrificale disponente
al fare.
Gesù in croce non grida l’abbandono temporale, ma eternale.
Pure nel talamo ha gridato l’abbandono eternale. Ne
esce la coppia angelicale battezzata e cresimata al Paterno.
Occhi acutizzati quando il Figlio col Padre assiste all’offerta
della coppia. Micael attribuisce al Padre; Lucifer si
appropria e si converte in caos pazzesco della morte dell’amore.
Il Figlio è allora che grida il primo abbandono.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca: la preghiera del
dire egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale: quello che mi do al piacerale, quello che mi
danno i fratelli sacrificatori, quello che mi dà il corpo mio.
Al suo sacrificale fisico Gesù si accosta con triplicata preghiera
di un dire sacrificale. Vi domanda l’allontanamento
di ‘questo calice’. Quale?
1) Non è il calice del sacrificale fisico.
2) Non è il calice ecclesiale di amarezza morale.
3) Non è il calice ecclesiale di amarezza sostanziale.
Quale allora?


Prega l’allontanamento del calice della separazione dell’abbandono
eternale.
a) Quale abbandono ha gridato? Non ha gridato sulla
croce l’abbandono temporale. Il Padre era lì, davanti
allo specchio Figliale.
1) Vi si specchia il suo amore sacrificale.
2) Vi si specchia la sua metamorfosi Paterna.
3) Vi si specchia la sua irradiazione e la sua ecclesiazione.
4) Vi si specchia la sua croce Paternale. Ha una sua
altezza: irraggiungibile: dalla terra al cielo, dall’umanità
all’angelicità. Ha una sua ampiezza: incommensurabile:
abbraccia l’umanità di tutti i tempi e di tutti
i luoghi. Ha una profondità: inarrivabile: si immerge
nell’eterna morte dell’amore. Per quella croce il
Padre è più grande del Figlio che non può partecipare
a tutte le forme della sacrificalità Paterna.
b) Il Figlio non può partecipare alla forma eternale; di qui
il suo abbandono eternale angosciosamente gridato.
È l’abbandono gridato dal Figlio a voce di corpo. L’ha
udito Giovanni e lo ha rilanciato al mondo mediante il suo
Vangelo scritto. Il visuato Paterno ci ha dato da vedere un
altro abbandono gridato dal Figlio in precedenza a voce di
spirito. Siamo nel talamo Paterno metamorfosale, il luogo
della generazione temporale del Figlio.
Il Padre nell’atto di metamorfosarsi: espropriato si cede in
persona di Figlio, vivibile al sacrificale mortale. Da quel
talamo, con pieno atto creativo, esce la prima coppia: l’angelicale:
l’Angelo con l’Angela.
Li unisce la sessualità angelicale, ma ancor di più il battesimo
cresimato Paterno: espropriato l’amore Paterno si
cede in proprietà personale; dal suo Agente si fa concepire,
vivibile al sacrificale.
Quella prima fuoriuscita del Padre in coppia angelicale è
accompagnata dallo sguardo e dal saluto Figliale: ‘Ciao,
Papà! Ti attendo al tuo ritorno con tutta la Chiesa angelicata!’.
Nel Figlio non si può parlare di presentimento ma
di chiaroveggenza: da qui il suo saluto tenuemente velato
di amarezza. Lo sguardo del Figlio si acutizza quando col
Padre assiste alla oblazione che la coppia angelica fa della
intera famiglia. Micael e Lucifer: questi sono i nomi dell’angelo
e dell’angela coppiali; congiunti tra di loro con la
sinistra, con la destra sollevano la sterminata famiglia
angelica; sono nove cori distribuiti in cerchi concentrici
che si sfilano verso il vertice coppiale. Momento solenne:
è l’offerta al Padre dell’intera famiglia angelica.
L’avvio è di Micael: ‘Tua, o Padre, è l’angelica famiglia’.
Lo insegue Lucifera: ‘Tua e nostra’. Corregge Micael:
‘Tua e non nostra’. Insiste Lucifera: ‘Tua e nostra’. Micael
esclude la coppia: ‘Non nostra’. Lucifera se la riprende:
‘Solo nostra’. Micael si esclude: ‘Non mia’.
Lucifera se la prende: ‘Solo mia’. In quel dire decisionale
è tutta la rovina di Lucifera che si trasforma in Satana la
divorziata. L’amore Paterno da sacrificale si converte in
egoisticale, la vita in morte dell’amore.
Non occorre che Micael brandisca la spada fiammeggiante
per abbattere l’orgoglio di Satana e mandarlo nel precipizio
infernale. È Satana stessa che sprofonda nel caos
pazzesco dell’eterna morte dell’amore, trascinandovi il
Padre e il suo Agente. A quella vista il Figlio emette un
urlo di spirito simile a un grido parlato: ‘Padre, perché mi
abbandoni? Lasciami venire con Te!’.
Ma quell’urlo si spegne davanti all’impenetrabile porta
della infernalità. Sapeva gia tutto dell’abbandono. E allora
perché l’ha gridato pregando?

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