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Decimo dono: pregare il sacrificale.
*) Che sei nei cieli.
Gesù ci ha fornito la collocazione del Padre. Come il sole
è in cielo e i suoi raggi in terra, così il Padre: Lui è in
cielo, anche se i suoi raggi sono in terra. In quale cielo?
a) Non in quello spaziale.
b) Ma in quello ecclesiale, popolarissimo di angeli e di
persone. È la Chiesa celeste popolata dall’anelito
dei santi, dalla purgazione dei peccatori, e dall’incubo
dei dannati.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Gesù vi si accosta pregandolo e vuole che noi
pure ci accostiamo pregandolo.
Per questo ci ha detto: Quando voi pregate, dite: ‘Padre
nostro che sei nei cieli’. Preghiera marcatamente sacrificale
e tutta da fare. L’appellativo di Padre ci ha parlato: della
Paternità sua, della figlialità mia, della fraternità nostra e
della ecclesialità di tutta l’umanità.
Questo Padre nostro, noi sentiamo il bisogno di collocarlo
in un luogo, in uno spazio.
Una persona umana noi la pensiamo sempre in un luogo
non per creazione nostra, ma per la sua reale e concreta
giacitura. Ogni persona giace in un luogo. Di qui il bisogno
di dare anche al Padre la sua collocazione.
Sicuramente l’avremmo domandato noi, come fecero i
due discepoli Giovanni e Andrea nei confronti di Gesù:
‘Maestro, dove abiti?’. Ma Gesù ci ha prevenuti dando
piena soddisfazione alla nostra esigenza: ‘Padre nostro
che sei nei cieli’. Incompleta collocazione?
Ma non avrebbe dovuto completare? ‘Che sei nei cieli’ e
in terra? Ma una immagine ci viene in aiuto come segno
profeticale. Parliamo con frequenza di spirito Paterno che
ci raggiunge al nostro incominciare. Il raggio è in terra,
ma il sole è in cielo. Non possiamo dire che il sole è in
terra, mentre i suoi raggi ci raggiungono. I suoi raggi sono
in terra, ma il sole è in cielo, e per fortuna, perché se fosse
in terra, per il nostro pianeta sarebbe finita. Così il Padre:
il sole Paterno è in cielo anche se i suoi raggi sono in terra,
in ciascuno di noi. Ma ora occorre specificare il cielo nel
quale abita il Padre.
1) Conosciamo un cielo spaziale: quel cielo che vanno
percorrendo gli astronauti a bordo delle loro navi spaziali.
Ha detto bene quell’astronauta russo affermando
che volando nello spazio non vi aveva incontrato nessun
Dio. Il Padre non abita nel cielo spaziale.
2) Dove abita allora? C’è un cielo a noi invisibile, ma ben
pensabile: un cielo popolato, popolarissimo, che per sé
non ammette saturazione. Vi stanno tutti coloro che
lasciata la forma corporea si sono trovati una forma
nuova: quella della immagine ben visibile, ma non tangibile,
e si sono trovati per la loro unità col Padre. È
tutta l’umanità.
Il Padre si è unito a ciascuno di loro e tutti si trovano uniti a
Lui. È dunque la Chiesa Paterna che ha una terra e un cielo.
Noi siamo tutt’ora Chiesa terrestre, e un giorno saremo
Chiesa celeste. Ecco dove abita il Padre: nel cielo ecclesiale.
Quel cielo ha una grande densità di popolazione. Vi abita
tutta una Chiesa angelicale che non si è lasciata trascinare
dalla pazzia dell’angela Lucifera che diventa Satana. Vi
abita tutta una Chiesa umanale bene distinta nel suo sentire:
1) La Chiesa che vive una grande attesa: quella del santi
che invocano giorno e notte una giustizia che a parere
suo tarda troppo.
2) La Chiesa che vive la sua dolorosa purgazione carica di
speranza che lenisce il dolore.
3) La Chiesa che vive nell’incubo della sua eterna dannificazione.
Il Padre abita nel cielo ecclesiale. L’arrivo a quella meta celestiale
non si anticipa né si posticipa, ma due desideri contrari
ci possono beneficare o maleficare. L’anelito al cielo ci fa un
gran bene. La frenatura della terra un gran male.

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