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Decimo dono: il sacrificale pregato.
Paternità creatrice e provvidenziale è fragile. La sostanziale
me la fa vedere il visuato. Non è solo darmi del suo
(spirito umanato); è il raggio del suo Spirito che si cede
espropriato. Dal suo Agente mi viene recato e posto in
unità sostanziale al mio incominciare: concezione battesimale
cresimata a mia insaputa. Lo chiamo Padre mio che
non mi lascerà. Mi si è dato da vivere.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale.
1) Al suo fare Gesù si accosta pregandolo: proprio la preghiera
del suo dire sacrificale abbiamo sviscerato.
2) Per accostarci al nostro, noi pure dobbiamo pregarlo: è
la preghiera del dire sacrificale.
È questa l’unica che ci viene donata da Gesù. Per Lc su
richiesta apostolica; per Mt a seguito della correzione
apportata alla preghiera dei pagani.
Non molte parole, ma la concentrazione di tutto un dire
sacrificale. ‘Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei
nei cieli’.
Una preghiera non di adorazione o di ringraziamento, non
di impetrazione o di difendimento, ma di facimento: una
preghiera da fare in due: lo Pneuma con me.
Lui la sa e la vuole; io la dimentico facilmente e mi sento
ostile perché quella non è preghiera egoisticale ma esclusivamente
sacrificale.
Una preghiera vanamente transitoria, ma emergentemente
riflessiva. L’avviamento non può essere che riflessivo:
osiamo dirci.
Al dirmi si accompagna il pensare, il sentire, il fare. Non
è pregare, la assenza dei successivi passaggi: dirmi, pensare,
sentire, per fare: questo è pregare.
Mi sento impegnato a passarvi un pensare, un sentire e un
fare sacrificali. Eccoci all’opera. Apertura grandiosa e
solenne: vi si presenta la paternità sua e la figlialità mia.
*) La Paternità sua: lo pensiamo Padre per la fraternità
nostra e la ecclesiabilità di tutta l’umanità.
1) Ci ha fatto essere: indirettamente: un corpo animato.
Direttamente: uno spirito umanato. Paternità creatrice.
2) Lo pensiamo Padre per la sua affezione amorosa verso
di noi: Paternità provvidenziale.
Paternità fragilissima (morale) in noi, pronta a barcollare
e a crollare non appena va a urtare contro una realtà che
non riusciamo a conciliare con la sua Paternità.
Situazioni dolorose e angosciose ce la fanno saltare con
somma facilità. La Paternità sua solida e autentica me l’ha
formata il visuato Paterno.
Fatto specchiato dalla sola luce Pneumatica mi sono visto
paternizzato sostanzialmente.
La Paternità sostanziale, non l’adottiva, vuole che un
padre passi al figlio qualcosa di suo, senza impegnare tutto
se stesso, e mantenendo la propria autonomia: indipendenza.
Il suo non ravvisiamolo nello spirito umanato, recante
la sua immagine e somiglianza.
Imago poverina assai. Quel suo che ci passa: è un raggio
(irradiazione) del suo Spirito: un suo raggio sostanziale,
che passa a noi non tanto per donazione, ma per cessione
espropriata. Per cedersi, in proprietà altrui, Lui si espropria
integralmente.
Un gesto che solo Dio Padre può compiere: è la sua nudità:
espropriato si cede in mia proprietà: dico mia, perché
quel raggio lo fa mio, come il vostro lo fa vostro. Il Padre
si dà quella disposizione, e chi la realizza è il suo Pneuma:
Agente dell’amore paterno.
Questo lo fa nell’atto in cui io incomincio. Sono incominciato
con l’unione coniugale dei miei genitori.
Una unione puntata alla sola fecondazione che diventa
umana concezione.
A quel segnale scatta immediata l’operazione Paterna
Pneumatica. Lo Pneuma coglie quel raggio di spirito
Paterno espropriato e pronto alla cessione e me lo reca
passandomelo. Io non avevo alcuna capacità di accoglierlo
volutamente.
Se i miei genitori non hanno violato in alcun modo la mia
consensualità, meno ancora il Padre.
Non potendo accoglierlo, non ero capace di una unità solamente
morale; per questo lo Pneuma l’ha messo in unità
sostanziale con un atto concezionale.
Fu la mia concezione battesimale che parte subito cresimata:
lo Pneuma mi si fa dentro, me lo unisce e mi si unisce.
Il Padre mi si dà da vivere.
Con due concezioni sono cominciato: l’umana e la divina
Paterna. Per la prima chiamo papà e mamma i miei genitori;
per la seconda chiamo Dio: Padre mio che sei nei
cieli. I miei genitori mi hanno lasciato; il Padre celeste non
mi lascia e non lascerà giammai. Ammiro la sua fedeltà
alla persona e la sua piccolarità.

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