Decimo dono: la preghiera da egoisticale a sacrificale.
Cosa è quel calice che non contiene il suo sacrificale fisico?
Oltre al fisico c’è un sacrificale Pneumatico. Il Padre
non gli passa le sue 5 qualità metamorfosali. È il Figlio
che le consegue con il suo sacrificale fisico. Si fa irradiabile
e quindi ecclesiabile. Ecclesiazione prima morale che
ottiene per 2000 anni e del cui calice beve la feccia.
Pneumatica magia quella del visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale: quello che mi do al piacerale, quello che mi
danno i sacrificatori, quello che mi dà il corpo mio. Al
sacrificale che ha ottenuto dai suoi sacrificatori Gesù si
dispone con una preghiera, che ha consegnato alla nostra
conoscenza: la preghiera del dire sacrificale. L’ha detta
nell’agonia dell’Orto. Peccato che noi l’abbiamo egoisticizzata,
scorgendovi un assalto di paura e un tentativo di
fuga. Ma quello che dice ai suoi, quello che è Lui e quello
che io sono, ci hanno mostrato l’assoluto contrario:
Gesù non ha paura, e non tenta la fuga davanti al suo sacrificale
che non è solamente fisico, ma morale, messianico
e divino. Il calice dunque che gli sta dinnanzi non è il
sacrificale fisico. ‘Se vuoi allontana da me questo calice’.
Cos’è quel calice che gli sta davanti e dal quale domanda
la liberazione? Ci può essere in Gesù un sacrificale diverso
da quello fisico? Se c’è, non può essere che spirituale e
conseguente a quello fisico. Sacrificale spirituale è quello
che si compie nel suo spirito e viene dopo il sacrificale
fisico al quale è talmente congiunto da derivare da esso.
Vediamolo: Gesù col suo sacrificale fisico vissuto con
devoto silenzioso amore sacrificale consegue la sua metamorfosi
Figliale. Viene a fare il Figlio. Lo fa con l’amore
sacrificale Paterno in forma personale di Figlio. Col suo
sacrificale fisico va in metamorfosi. La sua metamorfosi si
compie nel suo spirito. La chiamo pertanto Pneumatica. Il
suo spirito non si trasforma in bene, perché in Lui non c’è
un male da trasformare in bene, come in noi; si trasforma
in meglio: trasformazione in meglio di un bene liberamente
sacrificato. E qual è il meglio che prima non aveva? Il
Padre si dà da vivere al sacrificale in forma personale di
Figlio. Però non gli passa le qualità che Lui stesso ha conseguito
nella sua metamorfosi, facendosi: espropriabile,
cedibile, concepibile, vivibile e moribile. Il Figlio viene
per conseguirle e lo fa solo mediante il suo sacrificale fisico.
La metamorfosi viene solamente dal sacrificale: non
dimentichiamolo noi, che vi siamo chiamati come cristiani.
È proprio dal suo sacrificale fisico che si sprigionano
le cinque qualità nuove del suo Spirito: espropriabile,
cedibile, concepibile, vivibile e moribile. Per dirle tutte
insieme ecco un termine unico: il suo Spirito si fa irradiabile.
E poiché la sua irradiazione raggiunge una moltitudine
e se la unisce per farla partecipe del suo destino di felicità
somma, dobbiamo esprimerla così: ecclesiabile: può
fare Chiesa. Per salvarci deve ecclesiarci, non ci salva
separatamente ma ecclesialmente. È una mostruosità dire:
Gesù sì, ma la Chiesa no; il Vangelo sì, ma il prete no. Dire
questo vuol dire ignoranza totale di Gesù, possibile a una
scelta egoisticale, non a una scelta sacrificale. E quale
ecclesiabilità consegue il Figlio? (Anela a una ecclesiazione
sostanziale, ma prima:) Può realizzare una ecclesiazione
morale che si distenderà per uno spazio temporale di
2000 anni: da Cristo a oggi. In carne umana è anelante,
impaziente e scalpitante per conseguire la sua ecclesiabilità
morale. Per 2000 anni anelante, impaziente e scalpitante
per realizzare la sua seconda ecclesiabilità: quella
sostanziale. La prima dovremmo conoscerla noi pure, perché
ci siamo fatti Chiesa Figliale accogliendo i mezzi
occorrenti per fare col Figlio unità morale. Da questa sua
Chiesa ha avuto un calice amaro assai e ai giorni nostri sta
bevendo la feccia che è la più densa e amara.